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Le vie verso

ROMA

sulle tombe di Pietro e Paolo

AD LIMINA PETRI significa, letteralmente, “Al soglio di Pietro”, al luogo della sepoltura.

 

LA VIA FRANCIGENA
Tra la fine del primo millennio e l’inizio del secondo, la pratica del pellegrinaggio assunse un’importanza crescente. I luoghi santi della Cristianità erano Gerusalemme, Santiago de Compostella e Roma, e la Via Francigena rappresentò lo snodo centrale delle grandi vie della fede. Infatti, i pellegrini provenienti dal nord percorrevano la Via per dirigersi a Roma, ed eventualmente proseguire lungo la Via Appia verso i porti pugliesi, dove s’imbarcavano verso la Terrasanta. Viceversa i pellegrini italiani diretti a Santiago la percorrevano verso nord, per arrivare a Luni, dove s’imbarcavano verso i porti francesi, o per proseguire verso il Moncenisio e quindi immettersi sulla Via Tolosana, che conduceva verso la Spagna. Il pellegrinaggio divenne presto un fenomeno di massa, e ciò esaltò il ruolo della Via Francigena che divenne un canale di comunicazione determinante per la realizzazione dell’unità culturale che caratterizzò l’Europa nel Medioevo.

È soprattutto grazie ai diari di viaggio, e in particolare agli appunti di un illustre pellegrino, Sigerico, che possiamo ricostruire l’antico percorso della Francigena. Nel 990, dopo essere stato ordinato Arcivescovo di Canterbury da Papa Giovanni XV, l’Abate tornò a casa annotando su due pagine manoscritte le 80 mansioni in cui si fermò a pernottare. Il diario di Sigerico viene tuttora considerato la fonte itineraria più autorevole, tanto che spesso si parla di “Via Francigena secondo l’itinerario di Sigerico” per definire la versione più “filologica” del percorso.

 

LA VIA ROMEA
Alberto nacque verso la fine del XII sec. e divenne nel 1232 Abate del Monastero Benedettino della Santa Vergine Maria di Stade, allora importante città anseatica portuale situata alla foce del fiume Elba, in Germania.
Nel convento, molto influente grazie alle proprietà terriere, l’Abate Alberto riconobbe la necessità di inserire una disciplina ecclesiastica più rigida, secondo il modello delle regole cistercensi.
Dovendo ottenere a questo scopo il permesso di Papa Gregorio IX a Roma, iniziò il viaggio verso Roma, il centro del cristianesimo.
Il Papa diede il suo beneplacito alla riforma desiderata, ma i confratelli e l’arcivescovo di competenza, quello di Brema, la rifiutarono, interessati più un equilibrio di potere con la casata dei Welfen che ad un ulteriore impegno per la riforma del monastero.
Deluso, Alberto si dimise dalla sua carica ed entrò nel convento dei Frati Minori di San Giovanni (votato all’ideale di povertà francescano), della città di Stade.
Qui si dedicò alla stesura, oltre a quella di alcune opere teologiche, dei cosidetti Annales, una cronaca in latino dei più importanti avvenimenti ecclesiastici e politici del suo tempo.
Inserito in quest’opera si trova il dialogo fra i due monaci, Tirri e Firri, a proposito delle migliori vie per un pellegrinaggio verso Roma. Nel dialogo, scritto in forma di racconto, come spesso si faceva nel medioevo, l’Abate fornisce diversi itinerari con dati precisi su luoghi a distanze da attraversare, sulle condizioni della strade e indicazioni esatte sulla lunghezza delle singole tappe in miglia tedesche. Il manoscritto originale si trova nella biblioteca Herzog August di Wolfenbuttel, in Germania. Il viaggio dell’Abate Alberto, è oggi il percorso ufficiale della via Romea Germanica. 

 

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